Reati tributari nel “catalogo 231”: tra aggiornamento del Modello 231, cooperative compliance e tax control framework

Con la recente riforma dei reati tributari, questi ultimi sono entrati a far parte dei reati annoverati dal D.Lgs 231. Come si configura oggi il rapporto tra reati tributari e 231? Come devono comportarsi le aziende in merito all’aggiornamento del proprio Modello 231?

Con la conversione del cosiddetto decreto fiscale “(DL Fiscale) nel dicembre del 2019, alcuni reati tributari sono stati introdotti nel “catalogo 231”, chiudendo il cerchio di un percorso che si è snodato tra la prevenzione degli illeciti e la ricerca di un linguaggio comune in ambito tributario tra aziende e amministrazione finanziaria.

Ulteriore tappa del percorso è la vicinanza dei termini per l’invio delle dichiarazioni, che è anche il momento in cui si realizzano le condizioni per la contestazione di molti dei reati tributari.

Poichè l’introduzione dell’area tributaria porta alla necessità di riconsiderare il modo in cui il Modello 231 guarda alle diverse attività aziendali, tre sono le domande da farsi:

  • È necessario aggiornare il Modello 231?
  • Se non sono dotato di Modello 231, è arrivato il momento per farlo?
  • È possibile adottare un Modello 231 dedicato esclusivamente alla prevenzione dei reati tributari?

Vediamo di dare delle risposte.

Cosa prevede la riforma dei reati tributari

Il DL Fiscale, oltre a potenziare il trattamento sanzionatorio dei reati tributari, introduce nel catalogo dei reati-presupposto i seguenti reati tributari di cui al D.lgs. 74/2000:

  • Delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2
  • Delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall’articolo 3
  • Delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8
  • Delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10
  • Delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’arti

Modello 231 e reati tributari: come adeguarsi

Data l’impostazione di tali fattispecie di reato, e alla luce della copiosa giurisprudenza disponibile, si può ben affermare che l’introduzione dei reati tributari porta a guardare con occhio diverso a numerose aree di rischio già prese in considerazione dai Modelli 231, quali a titolo di esempio:

  • La gestione dei fornitori, compresa la dimostrazione della loro capacità di fornire le prestazioni concordate e il loro eventuale inserimento in logiche di filiera
  • La gestione dei clienti, compresa – anche in questo caso – la gestione di filiera e l’accertamento della corrispondenza tra l’intestatario della fattura e il destinatario della prestazione
  • Il raccordo tra contabilità, redazione del bilancio e determinazione delle imposte
  • Più in generale, la qualificazione delle operazioni concluse, anche dove le stesse non trovino riscontro in fatture o altri documenti ad esse equiparabili.

Pertanto, la risposta alla prima domanda è positiva: è necessario procedere all’aggiornamento del Modello 231.

Anche alla seconda domanda possiamo dare una risposta positiva tenuto conto:

  • della facilità con la quale, anche a seguito di mera verifica fiscale, si può essere oggetto di contestazione
  • della praticamente inesistente soglia di entrata, per cui anche un’operazione di ridotta rilevanza economica può essere fonte di contestazione
  • della trasversalità delle condotte contestabili, che riguardano tutti i settori economici

Anche chi ha valutato in passato di non avere un livello di rischio rilevante sul fronte degli altri reati-presupposto, non può più dirsi estraneo a qualsiasi rischio 231.

Modello 231 come sistema di prevenzione dei reati tributari e rapporti con cooperative compliance e Tax Control Framework

Quanto alla terza domanda, la risposta è più articolata ma sempre positiva.

Già da molti anni è stata da più parti riconosciuta la connessione tra Modelli 231 ed istituti come la cooperative compliance, che ha come presupposto la presenza di procedure e sistemi per la gestione del rischio fiscale.

La progressiva riduzione della soglia di ingresso alla cooperative compliance amplierà sempre di più il numero di aziende che potranno beneficiare della presenza di procedure 231 specificamente dedicate all’ambito tributario.

D’altro lato, similmente si tende a fare convergere il Modello 231 per la parte relativa ai reati tributari con il Tax Control Framework ovvero il sistema di gestione e controllo del rischio fiscale inteso non come applicazione di un modello standard, ma come approccio organizzativo e procedurale basato sulla propria realtà, secondo il principio di agevolare i contribuenti collaborativi e disincentivare i non collaborativi.

Anche di recente, nel quadro delle misure per la ripresa post COVID-19, a livello normativo il Modello 231 per la prevenzione dei reati tributari è stato proposto come base di un linguaggio comune – “dialogo preventivo” – con l’amministrazione finanziaria. La proposta prevede anche meccanismi di comunicazione preventiva dell’adozione del Modello 231 all’amministrazione stessa.

Concludendo, vale quindi la pena di adottare – quantomeno – un Modello 231 finalizzato specificamente alla prevenzione dei reati tributari. Tale possibilità è peraltro coerente con lo spirito del D.lgs. 231/2001 che prevede l’identificazione degli specifici rischi-reato e la possibilità di scegliere quali reati prevenire con l’adozione del Modello 231.

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